Tolkien, l’autore de Il Signore degli Anelli si esprime sulla “Lingua
Internazionale” il cui studio, intrapreso all’etr di 16 anni, potrebbe aver influito sul suo interesse verso le lingue costruite, che fanno da sfondo ai suoi fantastici mondi. Da certe annotazioni scritte all’etr di 17 anni in un taccuino conservato alla Bodleian Library la conoscenza e l’interesse del filologo verso l’esperanto appaiono considerevolmente maggiori di quanto sembra da questo suo scritto, in cui si accenna anche all’esistenza all’epoca di tentativi di diffusione di progetti concorrenti  e di proposte di miglioramenti dell’esperanto. Il progetto designato da Tolkien con N** presumibilmente c il Novial di Otto Jespersen.

 

Un filologo sull’Esperanto di John R.R. Tolkien

    Ho preso interesse come filologo, e come dovrebbe fare ogni filologo, al movimento per la lingua  internazionale, un fenomeno linguistico importante e interessante, e sono sensibile alle istanze dell’esperanto in particolare. Non sono un vero e proprio esperantista, come mi sembra, a pensarci bene, dovrebbe essere, almeno in qualche misura, ogni tutor. Non so né scrivere né parlare la lingua. La conosco, come direbbe un filologo, perché 25 anni fa l’ho imparata e non ne ho dimenticato la grammatica e la struttura. A suo tempo ho letto una grande quantitr di testi e quindi , dato ho che ho familiaritr con questo genere di cose, mi sento all’altezza di poter giudicare pregi e difetti.. Stando cosí le cose, sento di non poter dare un contributo utile, se non come filologo e critico. Ma il mio punto di vista sulla situazione della lingua internazionale c esattamente che simili servizi, per quanto buoni in teoria, in pratica non sono desiderati, insomma, che c arrivato il momento in cui il teorico della filologia c un ostacolo e un impiccio. E questo c proprio il piu forte dei miei motivi per sostenere l’esperanto. L’esperanto appare senza dubbio, nel complesso, superiore a tutti i suoi attuali concorrenti, ma il principale motivo da sostenere mi pare sia il fatto che esso abbia gir il primo posto, abbia raggiunto la piú ampia misura di consenso reale e sviluppato l’organizzazione piú avanzata. Si trova in pratica nella posizione di una chiesa ortodossa che ha di fronte non solo i non credenti, ma anche scismatici ed eretici - una situazione che il filologo aveva previsto. Ma, dato un certo indispensabile grado di semplicitr, internazionalitr e (aggiungerei) di individualitr ed eufonia, che l’esperanto certamente raggiunge e supera, mi pare ovvio che il problema di gran lunga piú importante che una aspirante lingua internazionale deve risolvere sia la diffusione universale. Un espediente che abbia la possibilitr di raggiungere questo obiettivo ne vale cento teoricamente piú perfetti. Non c’c nulla di definitivo nell’invenzione e nel gusto linguistici. La bellezza dell’invenzione nei dettagli c di importanza relativamente modesta oltre il minimo necessario, e i teorici e gl’inventori ( nei cui ranghi sarei felice di entrare) non fanno che ritardare il movimento, se sono disposti a sacrificare l’unanimitr per il “miglioramento”. A dire il vero a me sembra anche che il miglioramento tecnico dell’impianto, finalizzato a una maggiore semplicitr e chiarezza della struttura o a una maggiore internazionalitr o quant’altro, tenda a distruggere (a giudicare da esempi recenti) l’aspetto “umano” o estetico dell’idioma inventato. Questo aspetto, apparentemente secondario, sembra essere notevolmente trascurato dai teorici, anche se io penso non sia proprio secondario, e che alla fine avrr una grande influenza sulla questione basilare dell’accettazione universale. N** ad esempio c ingegnoso, e piú semplice dell’esperanto, ma orrendo: c’c scritto sopra “prodotto di fabbrica”, o meglio “fatto con pezzi di ricambio”, e non ha quel bagliore di individualitr, coerenza e bellezza che sprigiona dai grandi idiomi naturali, e che si ritrova a un livello considerevole (probabilmente il piú alto livello possibile per un idioma artificiale) in esperanto - una prova del genio dell’autore originale... Il mio consiglio a tutti coloro che hanno tempo o voglia di occuparsi del movimento per la lingua internazionale c: “Sostenete lealmente l’esperanto”.   John Ronald Reuel Tolkien (Bloemfontein 03.01.1892-Bournemouth 02.09.1973) insegnn lingua e letteratura anglosassone a Leeds dal 1920 al 1925, a Oxford dal 1925 al 1945, e poi lingua e letteratura inglese a Oxford fino al ritiro dall’universitr. Eccellente filologo, massimo studioso di letteratura medievale inglese, conoscitore oltre che dell’anglosassone e delle lingue classiche anche di molte moderne, collaborn alla redazione dell’Oxford English Dictionary e redasse numerose opere filologiche, fra cui la traduzione in inglese moderno di poemi anglosassoni. Il vasto pubblico lo conosce per le sue opere letterarie, come Lo Hobbit (“The Hobbit”, 1936) e Il Signore degli Anelli (“The Lord of the Rings”, 1954-1955), che in Italia gli hanno procurato un folto pubblico di ammiratori. Tolkien c un personaggio al di fuori della societr moderna e delle sue correnti politiche, un odiatore della civiltr delle macchine e un poeta che per amore della filologia ha trascorso la vita inventando lingue, come l’elfico, che contiene elementi del finnico e del gallese e ha dato al suo autore l’ispirazione necessaria a creare un mondo intero, in cui quegli idiomi diventassero credibili. L’articolo che riportiamo c stato pubblicato in inglese su The British Esperantist nel 1932.